Anticipato dall’uscita dei singoli “Solo noi” e “Marilù”, il nuovo progetto di Achille Lauro si presenta come un ritorno alle sonorità nostalgiche e malinconiche che lo hanno sempre caratterizzato.
A distanza di poco meno di un anno dalla pubblicazione di “1920”, in “Lauro” l’artista si libera dalle etichette e ci regala intimità e redenzione.
L’album si apre infatti con una “Lettera all’umanità” in cui Lauro De Marinis (la sua vera identità) si rivolge ad essa come se recitasse una preghiera. Tra un brano della tracklist e l’altro, continua il viaggio attraverso i generi musicali di cui avevamo già avuto un assaggio durante le serate sanremesi in cui Achille Lauro è stato l’ospite protagonista.
Ballad, sonorità anni ‘90 e rock alternativo si mescolano in un unico album dando vita ad un nuovo pezzo unico di Lauro che nonostante tutto genera ancora (come è giusto e bello che sia) tantissime controversie. Innegabile, nonostante tutto, il genio, la crescita e l’evoluzione artistica e personale di un artista sui generis come lui.
La bellezza nell’arte di Achille Lauro infatti è proprio questa, la sua continua evoluzione coerente al suo vissuto musicale e non. Se il rap di riscatto di “Ragazzi madre” ha lasciato spazio al punk rock di “1969” lo ha fatto per necessità.
Annunciato come l’ultimo, “Lauro” ha un messaggio ben preciso da portare avanti: l’importanza di rinascere e di essere se stessi: “proprio agli incompresi come me dedico il mio ultimo album” dice infatti Lauro stesso.
Ma quello che tutti noi ci stiamo chiedendo è: perchè ultimo album? Achille Lauro senza mai deluderci non ci lascia senza risposte: “La mia migliore amica. La fine. Il mio grande amore. La fine. La mia peggior nemica. La fine.”
Ma “Lauro”, sarà davvero la fine?